Limonaia del Castèl
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L'osservatore che approda per la prima volta sulla sponda bresciana del Garda esprime immediato interesse verso le tante costruzioni, di grandezza diversa ma molto simili, che si affacciano sul lago e di cui non conosce il motivo della presenza. Vecchie fortificazioni, ruderi di abitazioni particolari o forse fabbricati destinati all'agricoltura? Vera ammirazione oggi, così come cinquant'anni fa, od ancor di più, quando Limone e l'alto lago erano certamente meno frequentati.
L'interesse aumenta quando all'indomani dal suo arrivo, in una fresca mattinata soleggiata e con il vento che fastidioso scompiglia i capelli, può vedere più da vicino e toccare con mano un ambiente unico. Dopo aver superato anfratti e risalito anguste scale, si ritrova al cospetto di piante cariche d'agrumi, con i pilastri a far da sentinelle e muraglie che d'incanto tolgono le folate: il nostro visitatore s'accorge che fra quei muri i raggi del sole diventano più vigorosi.
Questo accade anche alla limonaia del Castèl dove, dopo i lavori di restauro, l'apertura giornaliera è diventata una bella realtà. A breve verrà opportunamente illuminata, per favorire visite serali che si preannunciano molto significative.
Ed in virtù dell'interesse che cresce di giorno in giorno, è stato rafforzato l'impegno dell'Amministrazione comunale proponendo una sorta di percorso museale che, oltre alla stessa del Castèl (ove è stata anche ridipinta la ?Madonna dei Limoni?), abbraccia altre limonaie, come quella del Tesöl o quella del Parco Villa Boghi. Quest'ultima è stata realizzata di recente su un paio di terrazze già in passato adibite ad agrumeto; qui si possono ammirare bellissime foto ed apprendere notizie sull'agrumicoltura, con interessanti pannelli a tema botanico e mitologico, gentilmente concessi in uso da Comune di Riva del Garda, Provincia Autonoma di Trento, Agenzia Provinciale per la Protezione dell'Ambiente, Museo Tridentino di Scienze naturali.
Molte delle iniziative intraprese sono state realizzate con la compartecipazione di idee e di risorse della Regione Lombardia (Assessorati all'Agricoltura e alle Culture, Identità e Autonomie), nonché della Comunità Montana Parco Alto Garda Bresciano, Ente che da tempo ha recuperato, in territorio di Tignale, anche la limonaia del Pra dela fam.
Già a Limone sono state illuminate la limonaia della Nùa e parte di quella della Garbéra; a breve verranno pure illuminate quelle di Reamòl e del Torrione, i cui privati hanno in corso lavori di ripristino.
Commissionando la presente pubblicazione, l'Amministrazione comunale ha inteso rafforzare il significato storico, tradizionale e culturale di queste strutture, affinché possano ulteriormente valorizzare l'anfiteatro naturale limonese.
La limonaia del Castel
Gli agrumi dall'Oriente al Garda
I limoni a Limone
Sicuramente la coltura agrumicola era praticata a Limone già dai primi anni del Seicento. Lodovico Bettoni (1770-1828), nel suo Diario, fa risalire al 1610 un primo impianto di limoni nel giardino della Garbéra. In un quadro datato 1658, custodito nella canonica della parrocchiale e raffigurante Sant'Antonio abate, con sullo sfondo Limone, compaiono i pilastri di una limonaia.
Ma fu nella seconda metà del Seicento, con l'arrivo della famiglia Bettoni, che la coltivazione e il commercio dei limoni diedero un?improvvisa accelerazione alla poverissima economia limonese. Il merito fu di Carlo Bettoni e dei suoi figli Giacomo, Gian Domenico ed Arcangelo che acquistarono terreni in località Garbéra, Se e Reamòl per ampliarvi i giardini esistenti e costruirne di nuovi.
La coltivazione dei limoni
Ogni pianta nella serra aveva a disposizione una superficie di circa 16-20 metri quadrati, detta campo (cap) o campata (campàa); era il numero dei campi a definire l'estensione di un giardino. Già nel Cinquecento Agostino Gallo dettava alcune regole per la coltivazione dei limoni, raccomandando che le piante disponessero di un terreno grasso e ripulito dai sassi, che il letame fosse steso prima di zappare e con la limonaia ancora scoperta . Oltre che concimare, si doveva tener pulito il terreno dall'erba, vangare, potare, irrigare, coprire e scoprire la serra. La raccolta (spicànda) dei frutti era fatta a mano, stando su appositi scalini o treppiedi; i limoni venivano posti in un sacco (grümiàl) in pelle d'animale.
I limoni fioriscono più volte all'anno. Alla prima fioritura di maggio fanno seguito quelle più moderate dei mesi estivi e autunnali. I frutti di maggio sono meno lisci e rotondi di quelli di giugno e luglio. Sono questi i frutti migliori, mentre sono meno pregiati quelli d'agosto. Fioritura e raccolta proseguono, ridotte, anche in settembre ed ottobre. Tenendo conto della produzione di un decennio, una pianta in piena attività forniva mediamente, nelle due principali raccolte di maggio e giugno, 500-600 limoni.
Molteplici erano gli usi cui erano destinati gli agrumi. Agostino Gallo scrisse che «si cavano denari non pochi da tutte le sorti delle piante... da i fiori de cedri per mangiarli nelle insalate, e per conservarli nell'aceto, o per condirli col mele, o col zuccharo; anco da quelli degli aranci e de gli altri simili per far delle acque nanfe pretiosissime. ...degl'immaturi si fanno molti conditi delicati, come anco de gli arancietti si fanno delle corone belle da vedere, e molto grate da odorar. Et i maturi, e belli si sa quanto sono in prezzo ne i conviti, nel confettarli, nel darli a gl'amalati, e nel ponerli nelle medicine... Et oltra che si cavano danari delle scorze de gli aranzi per fare la buona mostarda, l'aranciata, i paradelli, gli arancieti e il pane speciato» .
Ricercata era l'acqua di cedro, prodotta a Salò dalla seconda metà del sec. XVIII per iniziativa di Antonio Bonardi e, dal 1840, di Luigi Patuzzi.
Il commercio dei limoni
Una volta spiccati, i limoni venivano scelti e suddivisi secondo la grossezza; c'erano fini, sopraffini, scarti, scartarelli e cascaticci, con destinazione differente: fini, sopraffini e i migliori degli scarti l'Ungheria, il Tirolo e i paesi vicini, "lasciando con quei della quarta in Italia i loro fratelli meno eletti, mentre gli ultimi di rado varcano il confine della provincia".
Così si potevano avere varie denominazioni: limoni fini uso Polonia, fini uso Ungheria, fini uso Russia, sopraffini uso Austria, sottofini uso Vienna, scarti mercantili, scarti uso Milano, etc., cui corrispondeva un prezzo diversificato, che si fissava per centinaia.
I limoni venivano incartocciati e disposti in casse di legno; ognuna ne poteva contenere da 500 a 1.000. Si richiedeva particolare cura anche per il loro trasporto, dal quale dipendeva il buon esito dell'operazione commerciale. Il carico e lo scarico dovevano essere eseguiti con una certa delicatezza, perché la merce non subisse colpi e quindi non deteriorasse. Il pericolo era più grave ovviamente per le destinazioni più lontane. Il commercio verso nord seguiva la via di Torbole e Nago in direzione Bolzano, dove esisteva una piazza di smistamento ; avvantaggiato dal minor costo del trasporto rispetto ai limoni genovesi e del Sud Italia, prendeva prevalentemente la via della Germania, del nord Europa e della Russia.
Gian Domenico Bettoni agli inizi del Settecento fondò in Bogliaco la ditta "G. Francesco Bentotti" per il commercio dei limoni. Essa aveva agenti sparsi ovunque, in Italia e in Europa nord orientale. Nell'Archivio Bettoni sono custoditi i registri, il carteggio tra la ditta e i suoi rappresentanti, i bilanci, le lettere con i nomi dei ricevitori, da Vienna a Praga, Cracovia, Varsavia, Leopoli, Ulma, Costanza, Trieste, Milano, etc.
Dal Settecento il litorale a nord di Salò, a quasi 46° di latitudine, divenne la zona di coltivazione di agrumi più settentrionale al mondo.
Il limone del Garda era apprezzato per le sue qualità "medicinali", per l'"acidezza", l'"aromatica fragranza del succo e della corteccia", il "suo durar fresco più a lungo d'ogni altro"; a ciò si aggiungevano la sottigliezza e la lucentezza della scorza, la forma più rotonda, che facevano raddoppiare o triplicare il prezzo rispetto a quello dei limoni di altre zone d'Italia. Secondo Lodovico Bettoni, proprio Limone dava il "limone modello"; nella lettera della ditta Bentotti a Giuseppe Della Casa del 10 dicembre 1846 si descrive la merce come la migliore, precisando: "Io vi servo con limoni di Limone, che sono più grossi, e più colloriti".
La crisi
Nella seconda metà dell'Ottocento a Limone la superficie ad agrumeto era calcolata in 6,59 ettari. La produzione della prima spiccanda del 1874 ammontava a 76.000 limoni; il raccolto del 1876 fu definito "appena una sesta parte di quello del 1875", quello del 1878 «scarso ed inferiore a quello dello scorso anno», quello del 1879 "avuto per base la media del prodotto che si otteneva nell'epoca in cui non vi era malattia nelle piante si può calcolare di 50 per cento». Nel 1879, per l'inchiesta agraria, si stimava la produzione di 550.000 limoni, 8.000 arance e 3 q di cedri.
A cavallo tra Ottocento e Novecento la produzione agrumaria cominciò a risentire in modo irreversibile della crisi, determinata, oltre che dalla concorrenza dei limoni delle regioni meridionali, prodotti a costi irrisori, e dalla scoperta dell'acido citrico sintetico, dalle "forti spese di manutenzione" delle serre. La spinta alla coltivazione, che per decenni era rimasta integra, si andava esaurendo. D'altra parte era impossibile riconvertire le limonaie, a causa della loro stessa particolare struttura, in nuclei economici più congeniali, se non a prezzo di una nuova mentalità e di ulteriori investimenti.
Il prezzo dei limoni diminuì considerevolmente. Per i limoni "mercantili" dei Bettoni si passò da L. 5,77 ogni cento nel 1892 a L. 2,31 nel 1897 a L. 1,83 nel 1908; per i "non contabili" rispettivamente da L. 2,94 a L. 1,39 a L. 1,554. Lo stato di crisi era evidente!
Limoni, prego, limoni del Garda!
Il 1929 fu l'anno dell'avvio dei lavori di costruzione della "Gardesana occidentale". Dall'ottobre 1931, rompendo il secolare isolamento, l'arteria mise in comunicazione Limone con Gargnano e Riva del Garda: sembrava prospettarsi un avvenire migliore per il paese.
In effetti con la strada prese lentamente avvio il fenomeno turistico, anche se in forma occasionale e limitata.
E per i limoni prodotti si idearono nuove modalità di commercializzazione: molti allestirono nelle piazzole lungo la strada, sotto gli strapiombi di roccia, all'ombra di olivi e cipressi, treppiedi e carretti per esporre e vendere mazzi di limoni ed arance agli automobilisti in transito.
Le limonaie: un patrimonio da salvare
Le limonaie, ineguagliabile patrimonio storico ed architettonico del Garda, restano oggi a documentare un passato di lavoro e di fatica. Per salvaguardarle sono stati promossi interventi significativi: a Tignale la Comunità Montana dell'Alto Garda ha ristrutturato nel 1985 tre còle del giardino del Pra dela fam; a Limone l'Amministrazione comunale ha rimesso in pristino nel 2004 le limonaie del Castèl e di Villa Boghi. Restauri sono stati attuati o progettati anche a Toscolano Maderno e a Gardone Riviera.
La limonaia del Castèl a Limone sul Garda
A nord ovest del centro storico, addossata alle rocce della Mughéra, la limonaia del Castèl è oggi solo una parte della grande struttura produttiva che, un tempo, dalla valle della Mura, da via delle Pozze e da via Castello giungeva alla valletta della Màndola. Il giardino, che ha una superficie di mq 1.633, è diviso perpendicolarmente in due parti dal cùen dela Marches'àna, su cui è costruito il cas'èl principale, a più piani: nella parte meridionale, si estende per un tratto su un'unica còla, per un altro su tre; nella parte a settentrione è su quattro còle, che confinano verso nord con il valèt del Castèl, su cui è costruito un altro piccolo cas'èl.
La sua costruzione risale al primo Settecento. È evidente tuttavia che la limonaia ha subìto nel tempo vari rimaneggiamenti. La data "15 aprile 1786", ancora visibile in un pozzetto di raccolta dell'acqua, potrebbe riferirsi alla costruzione o all'adeguamento delle canalette nelle còle. Altri interventi si realizzarono per alzare e spostare dei pilastri, per elevare le muraglie e per aumentare la superficie di calpestìo ed il numero dei piani del cas'èl.
Passata dalla famiglia Amadei, ai Bertoni, ai Patuzzi e, nell'Ottocento, ai Girardi e ai Polidoro, con atto del 19 giugno 1926 la limonaia fu acquistata da Giuseppe Segala (1889-1975), ritornato a Limone dall'America, dopo anni di duro lavoro come minatore; nel gennaio 1995 è stata acquisita dall'Amministrazione comunale.
Tre sono stati gli interventi edilizi attuati: il primo nel 1997 per la costruzione di un muro, la sostituzione di sparadòs e cantér e la pulizia delle còle; il secondo nel 1999 per il rifacimento del tetto di un cas'èl; il terzo nel 2002-03, grazie ad uno specifico contributo della Regione Lombardia nell'ambito del "Piano di sviluppo rurale 2000-2006", per il recupero conservativo di due cas'èi e di due còle.
Il cas'èl centrale funge da collegamento tra i terrazzi ed è attrezzato come centro museale-didattico. In tutte le còle ci sono delle canalette per l'irrigazione delle piante; l'acqua proveniva dal torrente San Giovanni attraverso la condotta della Calmèta, risalente al primo Settecento. Nella limonaia, inaugurata il 22 luglio 2004, sono in produzione una settantina di agrumi (cedri, limoni, aranci dolci ed amari, chinotti, bergamotti, pompelmi, mandarini e kumquat).
Per informazioni o prenotazioni al tel. (+39) 0365 954 720, in orario d'ufficio.
La limonaia del Tesöl
Il Tesöl è una località a ridosso del monte Preàls, a cira 2 km dal centro di Limone. Accanto allo stipite della porta che dal giardino dei limoni dà nella casa posta a sud, si leggono ancora la data "1740" e la sigla "L.C.V.".
Verso il 1820 la limonaia passò in proprietà dalla famiglia Bertelli al conte Giacomo Ferrari; essa era costituita da 107 campi, distribuiti su sei còle per una superficie di 1.221 mq; l'acqua era garantita dal fiüm del Tesöl, che la lambisce a sud.
Al Tesöl, presso il fratello Giuseppe, occupato come giardiniere, nel 1818 arrivò da Gargnano Luigi Comboni; dal suo matrimonio con Domenica Pace nacque il missionario Daniele Comboni (1831-1881), Vescovo e Vicario dell'Africa centrale, fondatore dell'Opera del Buon Pastore (1867) e dell'Istituto delle Pie Madri della Nigrizia (1872), proclamato Santo il 5 ottobre 2003 da papa Giovanni Paolo II.
La limonaia di Villa Boghi
La limonaia inserita nel parco di Villa Boghi, allo svincolo del lungolago dalla Gardesana, è una costruzione del primo Novecento. Consta di sette campate, esposte verso sud.
I pilastri e i materiali di copertura sono nuovi; le sette piante di limone sono state messe a dimora nel 2004.
Sul retro del giardino è stata allestita un'area espositiva con pannelli sulla storia e sulle caratteristiche degli agrumi.